Praticare attività fisica ha per le donne numerosi effetti benefici, incluso un miglioramento della salute in generale, un miglioramento dell’immagine corporea e in molti casi di autostima.
Tuttavia, quando lo sport diventa competitivo può avere effetti tutt’altro che benefici se l’esercizio fisico diventa stenuante tanto da causare cambiamenti fisiologici e stress nutrizionali.
Indice dei contenuti:
▪ Disturbi alimentari nelle atlete
▪ Bassa disponibilità energetica (con o senza disturbo dell’alimentazione)
▪ Disfunzione mestruale
▪ Ridotta densità minerale ossea
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▪ Disturbi alimentari nelle atlete
Spesso le atlete, in particolare quelle di alto livello, soffrono di disturbi correlati all’alimentazione che possono manifestarsi in maniera più o meno eclatante e avere conseguenze più o meno gravi.
Le atlete di sesso femminile hanno una probabilità da 5 a 10 volte maggiore rispetto agli atleti di sesso maschile di avere un disturbo alimentare.
Le atlete a maggior rischio sono quelle che praticano sport che enfatizzano la magrezza e che richiedono un giudizio soggettivo (es. sport “estetici” come ginnastica, pattinaggio artistico, tuffi e danza), di resistenza (es. atletica leggera, nuoto, canottaggio) e con categorie di peso (es. lotta, pugilato, sollevamento pesi).
In realtà, ogni donna fisicamente attiva, denutrita e sovrallenata è a rischio di sviluppare le complicazioni associate a quella che viene chiamata la “triade dell’atleta”.
Si tratta di una condizione medica, descritta per la prima volta nel 1992 dall’American College of Sport Medicine come un’associazione di tre condizioni tra le atlete di sesso femminile: amenorrea, osteoporosi e alimentazione disturbata. Descrizione modificata poi nel 2007 come relazione tra disponibilità di energia, funzione mestruale e salute delle ossa.
Dal 2007, prove scientifiche ed esperienza clinica dimostrano che il fattore eziologico alla base della triade è una carenza energetica relativa all'equilibrio tra apporto energetico nella dieta e dispendio energetico necessario per sostenere l'omeostasi, la salute e le attività della vita quotidiana, la crescita e l’attività sportiva. È anche evidente che il fenomeno clinico non è una triade ma piuttosto una sindrome derivante da una carenza energetica relativa che colpisce molti aspetti fisiologici tra cui il metabolismo, la funzione mestruale, la salute delle ossa, l’immunità, la sintesi proteica, la salute cardiovascolare e quella psicologica.
Perciò, il Comitato Olimpico Internazionale introduce nel 2014 un termine più completo e più ampio per la sindrome generale, che include anche quella che è stata finora definita la "triade dell'atleta femminile" ovvero la Sindrome R.E.D. – S” (Relative Energy Deficiency in Sport) estendendo il concetto anche agli uomini.
▪ Bassa disponibilità energetica (con o senza disturbo dell’alimentazione)
La sindrome infatti ha inizio quando vi è bassa disponibilità energetica a causa di un aumentato dispendio correlato all’esercizio fisico o a una diminuita quantità dell’introito calorico. Spesso la riduzione dell’introito viene attuata dalle atlete per ridurre il peso pensando erroneamente di migliorare la prestazione sportiva oppure per raggiungere una certa categoria di peso o composizione corporea.
Un'alimentazione disordinata può essere intenzionale o non intenzionale. Disturbi alimentari come l'anoressia nervosa o la bulimia nervosa sono cause intenzionali, tuttavia, molte atlete senza la diagnosi di un disturbo alimentare possono presentare abitudini alimentari disordinate e il più delle volte, questo accade inconsapevolmente.
Una scarsa disponibilità di energia provoca profili lipidici sfavorevoli, disfunzione endoteliale e anomalie ormonali e metaboliche (come riduzione dell'utilizzo del glucosio, mobilizzazione delle riserve di grasso, rallentamento del metabolismo e riduzione della produzione dell'ormone della crescita).
▪ Disfunzione mestruale
In risposta al carente apporto energetico correlato ad una bassa percentuale di massa grassa e allo stress neuroendocrino indotto dallo stress dell’esercizio fisico stesso, l’organismo infatti risponde cercando di andare “a risparmio” determinando anche disordini mestruali nelle atlete (amenorrea ipotalamica).
Viene infatti inibito tramite l’asse ipotalamo-ipofisi-ovarico, il sistema riproduttivo con una ridotta secrezione dell’ormone ipotalamico GnRh, che a sua volta determina una ridotta secrezione di LH da parte dell’ipofisi e infine di estrogeni da parte dell’ovaio.
A causa di una riduzione della produzione di estrogeni da parte delle ovaie le mestruazioni perdono regolarità con oligomenorrea prima (intervalli di oltre 35 giorni tra un ciclo e l’altro) per poi cessare completamente, una condizione definita amenorrea (perdita di 3 o più cicli consecutivi o mancanza del menarca prima dei 16 anni di età).
L’ipoestrogenismo inoltre può avere un impatto negativo anche sul benessere cardiovascolare e muscolare, sulla prestazione sportiva e sulla salute dell’osso.
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▪ Ridotta densità minerale ossea
Gli estrogeni infatti, tra le varie funzioni hanno anche un effetto protettivo importante sulla densità ossea (esaltano l’attività osteoblastica facilitando l’assorbimento di calcio).
Il tessuto osseo è dinamico e viene costantemente rimodellato dagli osteoclasti (che riassorbono il vecchio osso) e dagli osteoblasti (che formano un nuovo osso). Questo viene fatto sotto il controllo di polipeptidi, ormoni steroidei, ormoni tiroidei, citochine e fattori di crescita. Secondariamente alla disfunzione ipotalamica, le atlete con un basso livello di estrogeni tendono a ridurre la densità minerale ossea.
La densità minerale ossea alterata aumenta la fragilità ossea e aumenta il rischio di fratture o il precoce esordio di osteoporosi.
Nella donna questa sindrome ha conseguenze a breve ed a lungo termine sulla salute, prevalentemente di natura cardiovascolare, endocrina, riproduttiva, gastrointestinale, renale e neurologica. Oltre alle tre due principali conseguenze descritte (irregolarità mestruali e salute dell’osso) queste atlete vanno in contro ad un peggioramento della performance e problemi psicologici come bassa autostima, depressione e ansia.
È importante saper riconoscere precocemente questo problema anche se non è sempre facile perché le conseguenze sullo stato di salute non sono sempre evidenti fin da subito. L’approccio per aiutare l’atleta a trattare il problema è di tipo multidisciplinare: medico, psicologo e nutrizionista sono le figure preparate ad affrontare correttamente tale sindrome.
Tuttavia lavorare sulla prevenzione informando le atlete, le famiglie e gli allenatori è la strategia più efficacie per evitare di compiere errori e ridurre quindi questo rischio.
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- Dimagrimento, dieta e definizione muscolare nella donna
- Donne, Sport e Alimentazione
BIBLIOGRAFIA
- Chamberlain R. The Female Athlete Triad: Recommendations for Management. Am Fam Physician. 2018;97(8):499‐502.
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- Mountjoy M, Sundgot-Borgen J, Burke L, et al The IOC consensus statement: beyond the Female Athlete Triad-Relative Energy Deficiency in Sport (RED-S)British Journal of Sports Medicine 2014;48:491-497.
- Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei pazienti con Disturbi dell’alimentazione (DA), Quaderni del Ministero della Salute, n. 29 settembre 2017